Rubrica Pagine di vita: Il Cinema di Arthur Penn di Luca Malavasi ed. Le Mani Microart’s
Non poteva mancare una rubrica che unisse due arti a dir poco fondamentali per la nostra esistenza: cinema e letteratura. Sono tantissimi i libri scritti o scarabocchiati sul cinema, non sempre di buona qualità, visto che per molti basta metter delle parole a caso e delle idee a cazzo per definirsi scrittori, quindi cercheremo di darvi delle buone dritte. Cominciamo con questo ottimo libro: Il cinema di Arthur Penn di Luca Malavasi
Opera riuscitissima perché unisce un linguaggio per nulla banalizzato da un ostentato e ricercato populismo, a una serie di informazioni non tanto e solo su Arthur Penn, ma su quel fenomeno fondamentale e meraviglioso conosciuto come : New Hollywood . Così attraverso il lavoro di questo importante e dimenticato regista (il che la dice lunga sul lavoro fatto dalla critica alternativa e “bloggaiola” di questi ultimi tristi anni) che ha attraversato da protagonista assoluto e mai addomesticato: televisione, teatro, cinema; rivive e riviviamo l’epoca d’oro del cinema americano. La stagione meravigliosa e contraddittoria delle scelte coraggiose, della sperimentazione sul montaggio (per lo stesso Penn il montaggio è la seconda cosa più importante in un film, solo dopo la storia) di revisionismo sulla storia niente affatto gloriosa di una nazione tracotante, tronfia, bonapartista, che si specchia con i suoi orrori, problemi, disperazione.
Una parabola dolce e amara sulla tenacia di un regista di esser fedele a sé stesso e alla sua idea rivoluzionaria di cinema, influenzato pesantemente dalla Novelle Vogue francese, dalle possibilità di andare oltre alla logica degli Studios, e poi il declino e la scomparsa. Tra una delusione e l’altra tanto teatro. Forse unico luogo ancora aperto a certe tematiche e tensioni. Forse.
Luca Malavasi cattura l’attenzione dalla prima pagina fino all’ultima. In perfetto equilibrio tra immediatezza e profondità, è una gioia leggere un libro scritto da un professionista serio. Da Furia Selvaggia a Gangster Story da Anna dei miracoli a Missouri (pellicola che vede insieme sullo stesso set due divi come Marlon Brando e Jack Nicholson) il libro affronta e descrive la difficile vita, e la lotta, di un regista troppo colto, pieno di idee, mai addomesticato contro la macchina hollywoodiana, la stessa che risorge sfruttando proprio il ribellismo di chi voleva demolirla. Alcuni registi passeranno a più miti consigli, altri saranno in prima fila verso la restaurazione, altri ancora verranno travolti. Nel sistema capitalistico, imparatelo a memoria, ogni forma di ribellismo e vita alternativa serve solo per rafforzare la reazione. Questo vale sia per il rock’n’roll che per ogni altra forma di arte che mette in discussione, ma in fondo non crea basi solide per un cambiamento rivoluzionario. Così assistiamo a questa lotta per poter fare il cinema come si vorrebbe non come si deve fare, che durerà per tutta la carriera, piena di qualche alto e tanti bassi dal punto di vista commerciale, di Penn. Un cinema dove la violenza è basilare, che sia fisica o psicologica, legata a un malessere non solo personale, ma sociale e politico. Talmente libero che si permette anche di criticare i nuovi stili di vita dettati dal movimento hippy, che descrive la frontiera e il glorioso western come terra di guerra, sterminio, che rilegge il gangsterismo alla nuova luce delle stars mediatiche e su come la ricerca della fama, di dare una scossa al sistema, porti alla solitudine e alla risposta violentissima della società civile.
Cinicamente diciamo che la storia : è scritta da chi vince. Sottolineando come chi vinca abbia ragione. Non è così per me. Si sono un dannato romantico e uno splendido bolscevico, ma io credo che certe sconfitte siano servite. A renderci, anche per un piccolo momento, più consapevoli, attenti, partecipi. Forse le avanguardie hanno questo di bello: durare poco e in quel momento marchiare a fuoco la vita dei cinefili più sensibili.