Unbreakable di M. Night Shyamalan
LUI
Cosa è un Supereroe? Ha una vita come molti di noi: casa, famiglia, lavoro? Oppure è un essere mitico e leggendario? E quanto pesa la quotidianità, la normalità, nella sua esistenza? Provano i nostri sentimenti? Hanno paura? Stupore per quello che fanno e sensi di colpa per quei poteri?
Queste sono le domande che ci pone il film in questione. Che nasce e cresce in un contesto di amore per il fumetto e i super eroi, ma porta il tutto su un piano di esistenzialismo, responsabilità, etica, ancora superiore alle celeberrime e amatissime variazioni sul tema operate da Nolan.
M. Night Shyamalan, da subito mette le cose in chiaro: non è l’azione esteriore a interessarci molto, quanto le dinamiche umane tra i personaggi e le loro debolezze. La debolezza umana come spinta e origine della costruzione di un eroe e del suo antagonista. Uniti dal dover vivere una solitudine e smarrimento che non lasciano scampo, e dalle quali dovranno imparare a risorgere e conviverci. Uno come vittima di una malattia tragica che lo rende fragile e debolissimo fisicamente, emarginato e impossibilitato a godersi la vita, l’altro essendo indistruttibile, dovrà sempre sottostare agli occhi dei parenti delle vittime dell’incidente ferroviario, o di altri avvenimenti tragici: “Perché io vivo e loro no?” Domanda implicita nel personaggio di Bruce Willis.
Così assistiamo alla formazione, dapprima controvoglia e poi accettata, di un super eroe. Il regista e sceneggiatore ce lo descrive benissimo e Willis è assai bravo a metter in scena un uomo senza forza, svuotato, inerte, che non vive certamente un periodo brillante della sua vita, e al quale il suo nuovo status di super eroe non fa certamente piacere.
La solitudine è alla base di questa pellicola. Ogni personaggio deve affrontare un problema, il quale ha a che fare con i propri demoni. Cercano negli altri delle risposte e se, nel caso padre- figlio, si lascia intuire un miglioramento, altre volte questo non avviene.
Avviene se si è votata la vita a un’ossessione, un’immagine speculare di sé, tanto da trasformarsi in assassini e sterminatori, ma avendo una sorta di deviata purezza, avvertita e percepita dal villain di turno. Peraltro una delle più emozionanti, commoventi, indimenticabili figure di cattivo, mai portate sullo schermo.
Due uomini, un rapporto falsato maestro- allievo, l’ipotesi di un riconoscersi nell’altro,ma subordinata a una visione della vita e della propria esistenza assai lontana
David nutre dubbi, Elijah certezze. Il secondo ne ha bisogno per via della sua malattia. L’uomo di vetro, che si spezza per le minime cadute. Fragilissimo nel fisico, potente e possente nella mente. Una mente che però può cedere.
Non è l’avventura fracassona, non è l’eroismo supermachista, non è l’azione adrenalinica, che importa a Shyamalan. Non è questo, ma farci aver pietà, compassione, partecipazione umana ed emotiva, nei confronti di due uomini. Prima che super eroi.
Mezzo privilegiato di questo messaggio è il personaggio interpretato benissimo da Samuel L. Jackson, è un personaggio di cui sentiamo tutta l’infelicità, il dolore, la solitudine e anche la tenace voglia di emergere, di rimanere nel ricordo del mondo, magari di un amico. Peccato siano destinati anche a combattersi.
Unbreakable, è una splendida opera. Ostacolata da chi non ama affrontare l’umano dietro il ruolo da super eroe. Tragica e toccante come solo i grandi film sanno essere.
Opera che conferma la bravura di questo regista nel parlar di umano laddove par impossibile
LEI
Dopo il successo universale riscosso con Il sesto senso il regista di origini indiane M. Night Shyamalan sembra cambiare completamente registro per regalarci una storia che è molto più complessa di ciò che appare a prima vista. Unbreakable, infatti, è una riflessione profonda sul tema del supereroe e su quello che esso rappresenta soprattutto per l’immaginario collettivo americano che ne è tuttora irrimediabilmente impregnato. Cosa significa essere un (super)eroe? Cosa rende un uomo tale? Cosa simboleggia per le persone che gli stanno intorno? Da questo punto di vista Unbreakable è estremamente vicino al Batman di Nolan, in quanto, analogamente al personaggio interpretato da Christian Bale, Bruce Willis fa di tutto per fuggire da un destino dal quale si sente imprigionato, costretto a ricoprire un ruolo che pensa non appartenergli. E, infatti, il Batman di Nolan è il più maturo e tormentato dei supereroi portati sullo schermo.
La scelta geniale di Night Shyamalan consiste nel costruire il personaggio del supereroe partendo dal suo antagonista, un Samuel L. Jackson tanto malvagio quanto fragile (in senso figurato e materiale!). Supereroe ed antagonista sono due figure estremamente tragiche che cercano di dare un senso alla propria vita in maniera del tutto opposta perché, come dice Jackson, ogni cattivo ha bisogno di un eroe per esistere. E, forse, un supereroe ha bisogno di un cattivo da combattere per accettare di essere se stesso. Willis fa di tutto per rifiutare ciò che Samuel Jackson pare affermare con tanta sicurezza ma, alla fine, sarà costretto a prendere coscienza di quello che, per tutta la pellicola, non fa altro che rifiutare.
M. Night Shyamalan utilizza come sempre una regia esibita che affascina e conquista soprattutto per il modo di usare la macchina da presa, ne è un esempio estremamente significativo quello della scena della caduta dalle scale in cui il regista sceglie di usare una soggettiva riuscendo a creare un momento di estrema tensione. Ma la tecnica, come negli altri film del regista, non è mai esibizione delle proprie capacità quanto piuttosto elemento di linguaggio che si rafforza nella costruzione dei personaggi che riescono sempre ad emergere nonostante le pellicole di Shyamalan siano chiaramente incentrate sulla storia e culminino tutte nel disvelamento finale. Il regista gioca con lo spettatore chiedendogli di fidarsi di lui e di seguirlo nel percorso che gli espone e gli propone, disseminando indizi che, ad uno sguardo attento, si possono cogliere immediatamente o che, comunque, una seconda visione renderà assolutamente evidenti. Ma questa strategia potrebbe portare a pensare che allora i film di Shyamalan si esauriscano in un’unica visione e non offrano niente di più. Invece è proprio la costruzione dei personaggi che impedisce che sia così. Perché se li osserviamo i suoi personaggi sono sempre perfettamente coerenti con l’universo narrativo che abitano e si muovono con uno scopo preciso.
In definitiva ho sempre creduto che Unbreakable fosse il film più incompreso di M.Night Shyamalan, quello più profondo e stratificato, quello che oppone la riflessione all’azione in un territorio narrativo in cui, solitamente, l’azione è fondamentale ed è motore principe di ogni cosa. Unbreakable, da questo punto di vista, è una sfida. A mio parere perfettamente riuscita.