Rubrica I primi della lista: Chinatown di Roman Polanski
Benvenuti cari lettori, al primo appuntamento con la nuova rubrica “i primi della lista”. Cosa riguarderà questo nuovo appuntamento con il vostro sito di cinema preferito? Bè, è tutto spiegato nella presentazione di codesto spazio dedicato alla settima arte, ma a me piace ripetere le cose e quindi: dedicheremo una recensione a tutte quelle pellicole presenti nella classifica dei 250 miglior film di sempre, comparsa su Film Tv Per il semplice motivo che essa non è tanto una normale e opinabile classifica, ma un concentrato di titoli validissimi, i quali ci permetteranno di stilare una nostra personale storia del cinema.
Cominciamo?Ecco a voi : Chinatown
Negli anni 70, molto probabilmente per via della crisi socio-politica che rendeva difficile immaginare un futuro concreto, il cinema americano decide di guardar indietro: negli anni 30, precisamente. In questo periodo escono moltissime pellicole dedicate alla grande depressione, ai gangsters di quel periodo, sicché tornano di moda anche generi legati agli anni 30- 40.
Il tutto (però) riletto attraverso la furia, l’energia, l’amarezza epica, degli autori della New Hollywood. Perché la tradizione e il classicismo, rivivono solo se evitano il nostalgismo manieristico. Chinatown fa parte di questa categoria di film
Roman Polanski servito benissimo dalla sceneggiatura perfetta di Robert Towne porta sullo schermo uno splendido noir che rielabora e rilegge le regole del genere, rispettandole e seguendole, ma apportando piccoli spostamenti in avanti, sfumature preziose, un testo molto più politico e radicale di quanto possa sembrare alla prima visione.
A Los Angeles durante l’anteguerra, lavora un modesto investigatore privato: Jack Gittes. L’uomo abituato a casi minori di tradimento, non crede ai propri occhi quando si presenta, nel suo ufficio, la ricca moglie di un potentissimo industriale, chiaramente per sapere se l’uomo la tradisca con qualcuna. Da questo momento avrà inizio una storia intricata di affari illeciti e delitti, legati al controllo dei bacini dell’acqua e all’espansionismo della città di Los Angeles. Quanto pare Robert Towne si è ispirato a fatti veri, in quanto per un lungo periodo vi fu una lunga guerra ( combattuta con mazzette, espropri dai terreni di povere famiglie contadine, persino misteriosi omicidi) per il controllo dell’acqua e la costruzione della città. Chinatown , ripeto, è un film decisamente politico, nascosto dietro le regole del genere. Regole che (di fatto) vengono ribaltate e smontate attraverso la figura del suo protagonista. Un uomo che si ritrova coinvolto in affari troppo grandi e pericolosi per lui, un uomo che sbaglia ogni mossa. Cosa diversa rispetto ai classici dectetive tanto solitari e burberi, quanto in grado di smascherare e fermare i delinquenti.
Proprio la cura dei personaggi, a mio avviso, è l’arma vincente del film. Pur prendendo e ispirandosi a figure tradizionali, si evita lo stereotipo, per dar vita a persone, esseri umani. Dal suo memorabile protagonista (un intenso Jack Nicholson) , uomo che cerca la giustizia e non la trova, al personaggio di Faye Dunaway, una donna dell’alta società che nasconde un terribile segreto. Una donna a suo modo fragile e combattiva allo stesso tempo, vittima designata in un mondo folle di uomini. Indimenticabili anche John Huston alle prese con un personaggio negativo a tutto tondo. Un padre che commette un terribile delitto sulla pelle della figlia.
Chinatown è un oscuro passaggio nelle tenebre umane, ai tempi del capitale.
splendido film, un noir a colori pazzesco. Rubrica interessante questa 🙂
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Grazie mille! Speriamo che lo sia davvero. Dovremo affrontare film anche molto difficili da raccontare e vorremmo sempre dare un taglio emozionale alle recensioni. Vedremo di essere all’altezza!
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è una grande sfida, quella di parlare di film fondamentali e conosciuti da tutti. Facendo in modo che la nostra idea di cinema emotivo e sentimentale, possa coniugarsi bene con la poetica di questi capolavori. Però le sfide ci piacciono !
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lettura molto piacevole che butta uno sguardo su alcuni degli aspetti di genesi del film (e del periodo a cui appartiene), così come giustamente indichi come gran pregio dell’opera un personaggio così indelebile seppur aggrappato all’iconografia classica dell’hardboiled e che riesce nella per nulla facile impresa di non risultare “vecchio” o stereotipato. Pollice in alto per te e applausi scorcianti per il film.
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Il personaggio di Jake è straordinario perché ricalca “lo stereotipo” del genere,ma con la fragilità dell’individuo degli anni 70. Non un duro dal cuore d’oro, ma un tizio smarrito in un contesto troppo grande. Grazie per i complimenti!
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